Se vi occupate di email marketing vi sarà sicuramente capitato di imbattervi nel famigerato text to image ratio durante il controllo antispam di una vostra comunicazione. Cerchiamo di capirci qualcosa in più.
Cos’è il text to image ratio?
Il text to image ratio è un valore che misura la quantità di immagini e di testo, ha il compito di segnalare lo sbilanciamento in percentuale, se presente, verso l’utilizzo delle immagini. Perché?
La motivazione principale per cui questo parametro è considerato importante è semplice: le immagini nelle dem e nelle newsletter non sono ben accette, e questa motivazione è storica e qualcuno di voi ne avrà sicuramente memoria. Parecchi anni fa, era comune essere tediati con email testuali a tema sessuale, farmaceutico o economico. I filtri anti-spam hanno quindi iniziato a verificare i contenuti e laddove leggevano parole come “viagra” (per citarne una), bloccavano le comunicazioni. La contromossa naturale degli spammer è stata sostituire le parole incriminate con delle immagini, dalle singole parole a blocchi interi di testo.
I filtri anti-spam non sanno leggere i testi stampati sulle jpg, gif, png; per cui la sola presenza è stata utilizzata come indicatore di comunicazione molesta.
Qual’è il valore di riferimento del text to image ratio?
Sappiamo bene che non è possibile prescindere dall’utilizzo delle immagini per la creazione delle nostre comunicazioni, anche i filtri anti-spam in realtà non sono così categorici. Quando si parla di text to image ratio, la ricetta della nonna che tanto piacerebbe ai filtri parlerebbe di 60% testo e 40% immagini.
Attendibile? No.
Fioccano gli esperimenti e i casi nei quali questi valori non hanno un minimo peso. Dem miste che ricevono warning “BODY: HTML has a low ratio of text to image area (Punteggio: 0,8)” come questa (in verde la parte testuale).
Dem completamente grafiche all’antitesi delle best practices, come questa di Peugeot, che la passano completamente liscia.
Il text to image ratio influenza davvero il delivery?
Al giorno d’oggi possiamo quasi certamente affermare che non è così, almeno per quella che è la nostra esperienza. I risultati di delivery e di aperture che abbiamo avuto inviando le creatività più diverse tra loro non hanno dato chiare indicazioni a riguardo.
Pur dovendo prestare attenzione ai test anti-spam con i relativi punteggi (0,8 da solo per un text-to-image ratio non è rilevante), riteniamo che i veri problemi di delivery riguardino oggi più che mai l’engagement, quindi la reputazione della lista.
I controlli antispam dei provider sono molto più smart di un tempo, e sono molto più sensibili al tipo di comunicazione e al comportamento degli utenti: se i contenuti registrano interesse e quindi la reputazione della vostra lista è buona, la comunicazione passa. Se inviamo messaggi contenenti argomenti pericolosi, o che solamente somigliano ad altri messaggi classificati come spam dagli utenti, questi vengono dirottati immediatamente in spam, anche se presentano il 90% di testo.
Per cui vale di più la pena monitorare i risultati di delivery/aperture/click di ogni singolo invio, utilizzare tag di interesse per selezionare meglio i destinatari e, non ultimo, spedire i propri messaggi verso tutti i provider possibili per vedere se presso di questi sorgono problemi e di che tipo. Ad esempio, quando Gmail classifica una comunicazione come spam, ne spiega la motivazione.
Un consiglio, parlando di testi ed immagini
Delivery a parte, l’abuso di immagini a discapito dei testi, può portare a problemi di natura diversa. Considerando che i client di posta, nella maggior parte dei casi tendono a bloccare le immagini (quelli mobile soprattutto), è necessario valutare l’utilizzo di testi di supporto, non solo alt-text, ma anche veri e propri paragrafi riportanti quanto descritto nelle immagini, senza dimenticare la call-to-action.
Anche perché riuscire a consegnare qualcosa che poi non si può leggere non ha proprio senso.
Commenti recenti