Questo articolo si rivolge a coloro i quali si apprestano a partire con una nuova attività di email marketing, finalizzata alla monetizzazione degli indirizzi email, oppure a chi è già attivo ma decide di cambiare la piattaforma di invio.
Infatti con warmup intendiamo, come spiega la parola stessa, il “riscaldamento” nell’accezione sportiva del termine, dello strumento tecnologico che verrà utilizzato: la piattaforma di email marketing.
A cosa serve il warmup?
Paragoniamo l’attività di email marketing ad una corsa a piedi. L’esperienza in campo sportivo insegna che il muscolo va gradualmente riscaldato per permettergli di performare in maniera efficiente riducendo al massimo il rischio di traumi.
Nel warmup che interessa a noi nel nostro campo, la performance è data in primis dal delivery delle comunicazioni, e i nostri muscoli sono gli indirizzi IP che utilizziamo come “postini”.
Il Delivery non è nient’altro che il risultato della nostra azione di invio, l’accettazione o meno del nostro messaggio determina un delivery riuscito, oppure no: il cosiddetto Bounce.
Cos’è il bounce?
Il bounce è un termine onomatopeico, se vogliamo, ed esprime un “rimbalzo” dei nostri messaggi, che vanno a sbattere contro qualcosa e tornano indietro, in diversi modi.
Esistono due macro-tipi di bounce, hard e soft. Gli Hard-bounce sono quelli più gravi, irrisolvibili, ovvero trattasi di indirizzi inesistenti, verso i quali è impossibile deliverare. I soft-bounce sono di varie tipologie, e dipendono da vai fattori, andiamo dallo user bounce (casella piena del destinatario), al bounce “tecnico” (un errore temporaneo del server ricevente) al block bounce, ed è esattamente questo dal quale dobbiamo difenderci, e lo strumento più efficace è proprio il warmup.
Cos’è il block bounce?
Il block bounce è un tipo di errore che ci dice che il provider di turno (gmail, yahoo, hotmail etc) non vuol far passare le nostre email. Non accetta che la nostra piattaforma gli invii messaggi. Come mai?
E’ ovviamente una protezione, una tutela per gli utenti che si vedono bombardati tutti i giorni da messaggi più o meno leciti. Cosa fare? Bisogna puntare sulla qualità, dimostrare ai provider che non stiamo facendo spam a tappeto ma stiamo cercando di offrire un servizio gradito. E l’indice di gradimento è dato dal numero di aperture che le nostre email registrano. Per questo motivo i bounce vanno gestiti, capiti, ed evitati.
Pronti, via
Per prima cosa, prima di partire con qualsiasi invio, ancora prima del warmup vero e proprio, è necessario predisporre a livello sistemistico, su piattaforma e dominio che utilizzate per inviare, di tutti i certificati necessari: SPF, DKIM, DMARC, per un dettaglio migliore sull’argomento leggete qui.
Restando sul dominio, è importantissimo verificarne la reputazione attraverso siti come SenderScore, idem per gli IP che la piattaforma utilizza per inviare.
In genere queste attività iniziali di configurazione dei certificati e monitoraggio delle reputazioni sono ripartite tra il team di delivery della piattaforma in uso e il provider del vostro dominio. Per cui il consiglio è quello di affidarvi alle sapienti mani di chi è appunto specializzato. Se entrambe queste due entità sono rappresentate da voi stessi, quindi avete una piattaforma proprietaria e un reparto sistemi con accesso ai domini, vuol dire che è tutto in carico a voi.
Il Warmup vero e proprio
Dando per scontato quindi che le operazioni preliminari di configurazione siano state tutte correttamente eseguite, possiamo iniziare col warmup. Con molta, molta pazienza, come recita l’adagio:
Chi va piano, va lontano…
L’obiettivo del warmup è creare una buona (anzi ottima) reputazione di partenza per fare sì che poi l’attività di invio, a regime, incontri meno intoppi possibili… possibilmente neanche uno.
Coma fare? Partire piano, inviare a pochi indirizzi, ma buoni. Chi ha uno storico è avvantaggiato, chi non ce l’ha, se lo dovrà fare nel warmup. L’obiettivo è quello di dimostrare ai nostri amici di Yahoo, Gmail, Hotmail… che siamo persone a modo, e non “spammatori della domenica”. Più sono gli utenti che aprono le nostre comunicazioni, più la nostra reputazione rimane alta. Se nessuno apre le nostre comunicazioni, o chi apre ci segnala pure per spam, alla lunga ci rimettiamo anche l’invio sui buoni.
Se possedete un database voluminoso, diciamo di 1.000.000 utenti, e avete un minimo di storico per cui riuscite a sapere che 400.000 di questi sono utenti attivi, è saggio iniziare da questi. Se siete seguiti dallo staff della piattaforma, le quantità di invio vi verranno comunicate; se siete autonomi, iniziate con piccoli invii giornalieri non superiori ai 50.000. Il giorno successivo avanti con i successivi 50.000 e così via per tot giorni fino ad esaurire gli utenti attivi (in questo caso 400.000 : 50.000 = 8 giorni).
Il concetto base sta nel registrare ovviamente quelli che risultano attivi dal primo giro, e ripartire successivamente da quelli, aggiungendo alcune partizioni di “inattivi” per cercarne la riattivazione.
Se non conosciamo lo storico del database?
Se non avete nessuno storico, allora non avete gli attivi, ma nemmeno gli hardbounce. La procedura ideale è quella di procedere sempre con poche decine di migliaia di utenti al giorno per crearsi lo storico necessario. Finito un primo giro di tutto il database, esattamente come spiegato sopra, si potrà ripartire dagli attivi della sezione precedente, aumentando anche un po’ i volumi, e aggiungendo inattivi da rivitalizzare. In questo modo i “rivitalizzati” andranno a far parte degli attivi, che aumentano, e ci permettono di aumentare in proporzione anche il numero di inattivi.
Epurazione degli indirizzi
Scopo secondario (ma non in secondo piano) del warmup è quello di ripulire la lista (vi ricorate? il discorso della reputazione). Tutte le piattaforme sono configurate per disiscrivere automaticamente gli hardbounce (se sono indirizzi inesistenti, perché inviare?), altrettanto automaticamente vengono gestite delle graylist, farcite da softbouce. In graylist vengono inseriti quegli indirizzi che danno un errore temporaneo per cui è lecito riprovare 2, 4, 6 volte a rispedire; dopo di che (in base al criterio scelto per il numero di recall) questi possono andare a fare compagnia agli hardbounce oppure ritornare attivi, un esempio? Casella piena che viene svuotata dall’utente, per cui diventa nuovamente possibile inviare.
A regime…
…ricordatevi di quanto fatto nel warmup. Il warmup può essere durato un mese, magari due o tre. Il modo migliore per buttare via questi mesi di warmup è inviare a tutti senza criterio. Il database va sicuramente trattato nello stesso modo anche dopo il warmup; inviare a troppi inattivi per quanti sono gli utenti attivi è prassi da escludere. Profilare gli invii (per interessi, dati anagrafici etc) è sempre consigliato, perché aiuta ad avere sempre buoni tassi di apertura, quindi la “stima” dei provider.
Il warmup, ma la gestione dei database email in genere, è un’attività che va affrontata con le giuste competenze, oggi più che mai.
Se siete proprietari di database, volete iniziare ad utilizzarli e desiderate supporto, non esitate a contattarci. Saremo lieti ascoltarvi e proporvi le nostre soluzioni.
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