Birkenstock ha fatto da apripista a gennaio 2018, con l’uscita da Amazon Europa (in USA è avvenuto addirittura l’anno prima) per passare alla vendita diretta: la motivazione è legata alla compresenza – ovviamente non gradita – di prodotti contraffatti sul famoso marketplace. Le vendite continuano “in casa” ovvero sul proprio eCommerce.
Ha continuato Nike, a fine 2019, comunicando ufficialmente di abbandonare Amazon in favore della vendita diretta tramite il proprio eCommerce (notare che il nuovo CEO mr. Donahoe ha un solidissimo background digitale, provenendo da eBay). Questo nonostante nel 2017 il marchio fosse entrato su Amazon proprio con un accordo e un obiettivo legato al controllo sulla contraffazione. Un passo molto interessante, mosso da un brand con una forza enorme, capace – volente o nolente – di avviare un trend. Interessante integrazione il fatto che pochi mesi prima di uscire da Amazon, Nike ha dichiarato anche di voler tagliare i rivenditori indipendenti e diverse insegne retail a vantaggio della propria marginalità. Tradotto: inizia a vendere i suoi prodotti senza intermediari, da cui un futuro senza scarpe Nike all’interno di negozi come Footlocker, Scarpe&Scarpe, Pitta Rosso/Rello, Bata ecc.
Poi c’è stata IKEA, che poche settimane fa ha annunciato l’uscita da Amazon USA. Ok, già da un anno si mormora del progetto IKEA di un marketplace ad hoc sull’interior design, capace di veicolare i propri prodotti e anche quelli di terze parti. Ma c’è anche la possibilità di un’evoluzione del sistema distributivo, realizzando qualcosa che affianchi ai mega-store un mix di piccoli negozi urbani (già in fase di test) e ovviamente il digital store, insomma molto più che un semplice scelta di concorrenza. Staremo a vedere, personalmente penso che questa sia la strada con maggior probabilità di successo.
E’ infine di questi giorni la notizia che Bose, noto marchio del settore audio hi-fi, abbia deciso di chiudere metà dei suoi punti vendita fisici (tutti quelli in Europa, USA e Australia) mantenendo solo quelli in Asia e Medio Oriente. Motivazione? “Dato il forte passaggio allo shopping online in mercati specifici, Bose prevede di chiudere i restanti 119 negozi al dettaglio…”, in particolare perché hanno deciso di seguire il comportamento dei loro clienti che prima cercavano un confronto e informazioni in negozio mentre ora lo fanno praticamente solo online. Quindi niente più fisico, solo digital.
Insomma, a ognuno la sua strategia. Fatto sta che diventa lecito porsi un dubbio sul futuro del commercio e sul futuro del retail. Che ne sarà e soprattutto come comportarsi?
Come prepararsi alla perdita di un marchio importante sul nostro eCommerce?
E’ chiaro che pian piano i marchi produttori tendono verso la riduzione di ogni forma di intermediazione. Prima di tutto occorre dire che – penso – sarà un processo lungo (per svariati motivi sociali, culturali, economici), inoltre immagino che non tutti i brand potranno permettersi quanto abbiamo appena descritto. Le abitudini e le comodità delle persone sono difficili da cambiare, almeno nel breve termine. Ma questo non dovrebbe limitarci nell’iniziare a prendere provvedimenti per ogni evoluzione possibile dal punto di vista del merchant eCommerce:
- un marchio che decide di non servire più alcun rivenditore (vendite = zero);
- un marchio che apre il suo eCommerce usando politiche di tutela per i rivenditori/concessionari (vendite = ridotte);
- un marchio che apre il suo shop per la vendita diretta e senza politiche di tutela (vendite = molto ridotte o con minor marginalità).
Vediamo allora cosa è possibile fare, scegliendo da tra alcune di queste idee oppure mettendole in pratica tutte. Te ne vengono in mente altre?
Differenziare gli acquisti e… le vendite
Come merchant è importante non focalizzare il proprio business su un solo marchio, perché chiaramente se ne diventa dipendenti. Pertanto, come in fase di acquisto è utile avere N concessioni, allo stesso modo è bene stimolare le persone a comprare anche marchi meno noti. Questo è possibile facilmente variando la nostra politica commerciale e di comunicazione: social, newsletter, DEM, ma anche prezzi, offerte, merchandise, ordinamento degli elenchi, creatività sul sito ecc.
Cercare prodotti/produttori simili
Se non ci sono vincoli stringenti di tipo legale è utile iniziare ad allacciare rapporti con i competitor dei marchi che rivendiamo. Alcuni poi hanno prodotti davvero ottimi. Questo ci permetterà – con la dipartita di un marchio noto – di poter proporre ai nostri visitatori un prodotto diverso per la stessa esigenza. In assenza di specifiche è possibile addirittura strutturare le schede prodotto la disposizione dei prodotti nel listing affinché si affianchino le alternative (cfr. le schede prodotto di Amazon), magari mettendo a confronto le caratteristiche oggettive.
Puntare all’unicità
Facile a dirsi, lo leggiamo da tempo, ma prima del fare c’è di mezzo il mare. Bisogna ragionare sul valore aggiunto che la nostra azienda può o vuole offrire: il prodotto è identico dappertutto! Perché, o in quali situazioni, sono disposto a comprare dal ferramenta di paese invece che da Leroy Merlin? Ampia gamma, consigli e risposte, specializzazione, tempo risparmiato ecc. Fortunatamente la risposta non è dentro di noi, ce l’hanno i clienti: chiedere è gratis, sono sicuro avranno la cortesia di risponderti.
Proporre servizi extra
Una buon idea per differenziare, e ad alto valore percepito, è la capacità di proporre con forza servizi marginali che per il brand risulterebbero difficili da offrire oppure anti-economici. Dal pacchetto regalo all’assistenza telefonica, dal montaggio a casa agli indispensabili prodotti complementari in bundle. Insomma tutto quanto la fantasia e l’esperienza di relazione diretta con i clienti ci suggerisce, in base ai prodotti che vendiamo.
Fidelizzare per il riordino
Un altro concetto di fondo, declinabile in vari modi, è quello di legare l’esperienza di acquisto (soddisfacente) al sito più che al prodotto, stimolando continuamente nuovi ordini ancor prima di gustare l’arrivo di quello in essere. Coupon benvenuto, coupon prossimo ordine, oggetto regalo (personalizzato sugli interessi) col prossimo ordine, automatismi di avviso a prodotto finito (stimato, chiaramente), campioncini in ogni ordine, DEM personalizzata su prodotti complementari o di altri marchi (non come Booking che suppone io vada a fare un weekend fuoriporta sempre nello stesso paese), stimoli di calendario temporale, stimoli di calendario commerciale ecc.
Il cross-selling come modello di business
Se non addirittura principale, quantomeno importante. Questo può essere interpretato in due modi:
- con la scusa del prodotto principale voglio in realtà vendere un altro prodotto su cui guadagno molto bene. Esempio: ho un negozio di scarpe, vendo le scarpe affinché possa proporre calzini e solette;
- con la scusa del prodotto secondario, di punta ma su cui non guadagno nulla, vendo in bundle i miei prodotti su cui ho altissimo margine e che da soli non avrebbero chissà quale appeal. Esempio: ho un negozio di vini, vendo 18 bottiglie comunicando che in omaggio c’è un TV LCD.
B2B ovvero Business To Business
Chi ha detto che B2C e B2B non possano convivere? Io? Touché! 🙂 L’Italia però è un Paese composto da tantissime micro e piccole aziende, non sarebbe male prevedere una sezione ad hoc e soprattutto bene in vista i servizi per la vendita e il post-vendita dedicati alle aziende, questo è un altro elemento molto utile e dalle grandi opportunità di ritorno. Online la vendita B2B muove volumi decisamente più interessanti della vendita B2C… un singolo ordine di questo tipo può valere come 10 e più di quelli generati dal privato. E l’offerta è ancora molto indietro in termini di specializzazione.
Il punto di vista del brand
Certo, se invece di rivendere vestissimo i panni del marchio produttore le domande e l’approccio andrebbero invertite:
- continuo con i negozi fisici e sul digital faccio solo comunicazione (come quasi tutti i brand)?
- tengo i rivenditori fisici/online che posso controllare e apro il mio eCommerce (come Birkenstock)?
- chiudo il tradizionale fisico e vendo solo online (come Bose)?
- considero l’eCommerce alla stregua di un singolo negozio fisico della mia catena (come Nike)?
- strutturo l’eCommerce all’interno di una strategia multi-canale in continua evoluzione (come IKEA)?
Per fortuna non c’è una risposta giusta o sbagliata, anche perché siamo agli albori di queste dinamiche. Dal mio punto di vista, parlando in generale quindi senza un contesto specifico (che spesso ti porta a dover escludere alcuni scenari) sono per considerare l’eCommerce come un negozio della catena, ma con la peculiarità di potersi integrare perfettamente con tutti i punti vendita (e se ho abbastanza dati anche con questi)… lo vedo pertanto come un negozio “privilegiato” che ha l’opportunità di spostare i clienti dal digital al fisico e viceversa. Non concepisco un business a compartimenti stagni tra canali, per me (da professionista e sopratutto a cliente cross-canale) vince l’integrazione trasparente. Da cliente voglio trovare ciò che mi serve, al prezzo minore, nel posto più comodo, in breve tempo, sentendomi figo. Tutto il resto è noia (cit.).
In Merlin Wizard supportiamo i merchant anche su queste problematiche, con esperienza diretta di svariati casi simili a quelli qui indicati. In particolare uno, che gestiamo da diversi anni, è molto interessante: si tratta di una catena di negozi che rivende principalmente un importante marchio, sia online che offline, nonostante lo stesso marchio abbia da sempre il suo eCommerce e i suoi negozi fisici. Di fatto, il nostro principale competitor è proprio il produttore: perché una persona dovrebbe acquistare sullo store di un rivenditore invece che su quello del brand? Eppure l’eCommerce che gestiamo, dopo un paio di anni difficili, è continuamente in crescita… merito della strategia, dell’ottimizzazione e del business model!
Se anche tu vuoi valutare il supporto dell’agenzia per il tuo progetto eCommerce multicanale B2C o B2B contattaci per approfondimenti >
.
Buongiorno,
nel mio sito di Onoranze Funebre offro diversi prodotti come le urne cinerarie per la cremazioni o fiori. Secondo voi ha senso portare questi prodotti su Amazon? Riuscirei ad aumentare le vendite?
Grazie