Il percorso decisionale di acquisto di un cliente eCommerce è assai più complesso di quanto ci si immagina. Passa per alcune fasi che esprimono ciascuna un “momento” differente dall’altro in termini decisionali e dunque un diverso livello di “intento commerciale” o commercial intent. E spesso queste fasi contengono al loro interno “micro-momenti”, ovvero ulteriori sotto-passaggi che portano ad allungare il customer journey dell’utente sull’eCommerce spesso fino ad arrivare a situazioni singolari, come quella – reale – che potete notare qui sotto:
Ma cosa c’entra tutto questo con l’ottimizzazione della nostra campagna Google Shopping? C’entra e moltissimo, come c’entra con qualsiasi tipo di campagna marketing: la nostra strategia di advertising, online e offline, deve tenere di buon conto l’esistenza e le caratteristiche di questo complesso percorso decisionale di acquisto, poiché ciascuna fase può essere ingaggiata con una tattica tagliata su misura per ottenere obiettivi specifici.
Il percorso di acquisto
Il percorso di acquisto, dicevamo, passa per alcune fasi e ciò accade per tutti i consumatori, sempre. Ciò benché per taluni di essi questi passaggi abbraccino pochi minuti e altri invece impieghino anche delle settimane per completare l’intero processo. Sempre che lo completino. Ne sono state individuate 5, con probabilità di acquisto crescente:
- Awareness (consapevolezza): l’utente sta scoprendo il nostro prodotto, la probabilità di acquisto è molto bassa;
- Interesse: l’utente sta approfondendo, sta scoprendo dettagli sul nostro prodotto, la volontà di acquisto aumenta ma la probabilità è ancora bassa;
- Intenzione: la decisione di acquisto del prodotto si è formata, l’acquisto è ormai avvenimento probabile;
- Considerazione: l’utente, che ha deciso di acquistare, sta decidendo dove farlo, quindi la probabilità di acquisto è ormai al suo culmine;
- Acquisto: il prodotto è infine acquistato.
Una strategia eCommerce efficace deve tenere conto di questo percorso e presidiarlo affinché il potenziale cliente rimanga “agganciato” in ciascuna delle fasi. A quel punto sono solo due i possibili motivi che lo spingerebbero a uscirne:
- decide di non acquistare;
- decide di acquistare da qualcun altro.
Ottimizzare il piano advertising considerando il percorso d’acquisto
Dunque ora sappiamo che più arretrata è la fase decisionale di acquisto e minore sarà la probabilità di acquisto, e viceversa più avanzata è la fase di acquisto e maggiore sarà la probabilità che avvenga.
Questo significa che più indietro siamo nel percorso e minore sarà il tasso di conversione eCommerce di una eventuale azione di marketing, e che man mano che avanziamo nelle fasi decisionali sempre più alto sarà il tasso di conversione che otterremo dalle nostre campagne.
A tassi di conversione più alti corrispondono parametri di costo più sostenibili e dunque una maggiore profittabilità. Questo, in un contesto di paid search come Adwords e Google Shopping in cui maggiore è l’offerta (bid) e maggiore sarà la visibilità e dunque la numerosità degli utenti intercettati, ci spinge ragionevolmente a ritenere più efficace e conveniente fare offerte più sostanziose nelle parti più avanzate del percorso, e di conseguenza ci vede disposti a offrire CPC (cost per clic) e CPA (cost per action) più limitati nelle fasi meno avanzate.
Attenzione, per implementare una corretta strategia di advertising online, non dobbiamo cadere nel tranello di limitare il nostro campo di azione alla sola fase finale del percorso, apparentemente più “conveniente”. Infatti la consapevolezza di quanto descritto sopra potrebbe indurci a pensare che sia più efficiente investire tutte le nostre risorse nelle fasi finali, ovvero quando l’utente ha già maturato l’intenzione, o meglio ancora si trova nella fase finale di considerazione. Così facendo non godremmo però del massimo potenziale possibile in termini di clienti. Per raggiungere il massimo dobbiamo essere in grado di intercettare i clienti in tutte le fasi del percorso, adeguando per ciascuna la nostra strategia in termini di offerta in modo che sia possibile raggiungere l’economicità e il massimo della performance ad ogni passaggio.
Campagne Google Shopping ottimizzate per ogni passaggio del percorso di acquisto
Ma torniamo alla domanda iniziale: cosa c’entra tutto questo con l’ottimizzazione della nostra campagna Google Shopping?
Google Shopping appare a molti uno strumento di advertising “flat”, ovvero non in grado di intercettare e considerare le diverse fasi del percorso di acquisto. In fondo è comprensibile: non possiamo decidere le parole chiave, che sono la massima espressione dell’intent dell’utente, e non possiamo decidere neppure cosa scrivere nell’annuncio, che ci consentirebbe di comunicare all’utente ciò che riterremmo efficace per persuaderlo a considerarci in ciascuna delle fasi decisionali in modo efficace.
Eppure abbiamo degli strumenti nelle campagne Google Shopping che ci consentono in qualche modo di bypassare questi limiti e metterci nelle condizioni di “ponderare” le nostre campagne in modo da ottenere risultati economicamente sostenibili in tutte le fasi del percorso.
Identificare le diverse fasi del percorso di acquisto in Google Shopping
Innanzitutto bisogna capire come interpretare l’intenzione (intent) dell’utente osservando la ricerca che ha immesso in Google, e lo facciamo con un semplice esempio:
- Ricerca #1 = “vino rosso”
- Ricerca #2 = “vino nerello mascalese”
- Ricerca #3 = “nerello mascalese calabretta vecchie vigne 2007”
L’utente della ricerca #1 che cerca “vino rosso” è ancora in una fase molto arretrata del percorso, in relazione alla volontà di acquisto: sta scoprendo, si informa sul vino rosso ma non gli è ancora chiaro se e quale vino gli interessa ed è lontanissimo dal sapere dove lo acquisterà.
L’utente della ricerca #2 ha già le idee più chiare, ha individuato la tipologia, il vitigno. Il suo intento di acquisto è sempre più probabile.
L’utente della ricerca #3 ha le idee chiarissime sul prodotto che gli interessa, immaginiamo che sia pronto per acquistarlo e che debba solo scegliere lo shop a lui più congeniale per prezzi, qualità del servizio, esperienza.
Importante: gli utenti di cui sopra potrebbero essere benissimo la medesima persona. Pensate se un competitor altro al posto vostro lo intercettasse nelle prime due fasi. Probabilmente vi giochereste l’opportunità di intercettarlo anche nell’ultimo passaggio. Cliente perso, ordine mancato.
Come faccio a intercettare queste ricerche così diverse in modo differenziato ed economicamente sostenibile in una Campagna Google Shopping?
Sono 3 gli elementi che giocano un ruolo fondamentale per questa ottimizzazione:
- La priorità della campagna Shopping;
- Il valore dell’offerta (bid);
- Le parole chiave a corrispondenza inversa.
Combinare bid, priorità e keyword negative per ottimizzare la campagna Google Shopping
In una campagna Google Shopping è possibile impostare tre livelli di priorità:
- bassa
- media
- elevata
Una campagna Google Shopping con un livello di priorità più alto di un’altra ha il sopravvento nella considerazione del medesimo prodotto contenuto in entrambe nel momento in cui Adwords deve decidere quale servire per la stessa ricerca, e questo – molto importante – indipendentemente dal bid. Quindi se in una campagna Shopping con livello di priorità Alto abbiamo impostato un CPC di 0,05€ su un prodotto e in un’altra campagna di priorità Media abbiamo impostato un CPC di 0,30€ sullo stesso prodotto, Google Adwords per la stessa ricerca (o meglio per la stessa asta) prenderà in considerazione solo la campagna con priorità Media.
Questo torna ai i nostri fini molto comodo poiché combinando la priorità della campagna con bid diversi e con chiavi a corrispondenza inversa diverse, potremo procedere a ottimizzazione. Vediamo come.
Abbiamo più sopra rilevato che già per effetto di aver aggiunto un brand (una cantina nel nostro esempio) e un tipo di prodotto (il tipo di vino nel nostro esempio) alla nostra ricerca, l’intenzione di acquisto che intercettiamo è più elevata.
Quindi cominciamo a separare gli utenti con questi intent differenti, attribuendo un bid più basso a coloro che nella ricerca non hanno inserito il nome prodotto e la marca, e attribuendo un bid progressivamente più alto a chi invece nella propria ricerca ha inserito il nome (il tipo di vino nel nostro esempio), e poi anche la marca (la cantina nel nostro esempio).
Immaginiamo dunque questo schema:
Priorità Campagna | Livello offerta (bid) | Evento scatenante |
Elevata | Basso | Tutte le ricerche generiche, che non contengono il nome del prodotto e la marca |
Media | Medio | Tutte le ricerche che non contengono la marca, ma solo il nome (tipo) prodotto |
Bassa | Alto | Tutte le ricerche, molto precise, che contengono il nome prodotto e la marca |
Con questa struttura saremmo in grado di filtrare le ricerche sempre “più convertenti” e poter assegnar loro un bid sempre più alto.
Ma come facciamo per gestire le differenze negli eventi scatenanti? E’ qui che entrano in gioco le parole chiave a corrispondenza inversa, ovvero le keyword che se correttamente posizionate sono in grado di evitare che si scateni l’offerta definita in una delle mie tre campagne, e lasciare che in qualche modo “passi” al vaglio delle successive.
Vediamo insieme lo schema concettuale:
Ora integriamo la nostra tabella precedente con l’elemento nuovo chiave a corrispondenza inversa:
Priorità Campagna | Livello offerta (bid) | Chiavi a corrispondenza inversa | Evento scatenante |
Elevata | Basso | Nome brand
Nome prodotto |
Tutte le ricerche generiche, che non contengono il nome del prodotto e la marca |
Media | Medio | Nome brand | Tutte le ricerche che non contengono la marca, ma solo il nome (tipo) prodotto |
Bassa | Alto | [vuoto] | Tutte le ricerche, molto precise, che contengono il nome prodotto e la marca |
Abbiamo ricreato e intercettato 3 passaggi importanti nel customer journey del cliente, mediante 3 campagne “sequenziali”:
- Campagna di Basso Livello (elevata priorità): ignora qualsiasi ricerca che contenga elementi puntuali di prodotto come la marca e il nome e intercetta dunque ricerche più generiche rappresentative di un basso intento commerciale, dunque richiede CPC / CPA più bassi;
- Campagna di Medio Livello (media priorità): ignora le ricerche che contengono il nome del brand e intercetta dunque ricerche meno generiche ma ancora di medio dettaglio rappresentative di un ancora parziale intento commerciale, dunque richiede CPC / CPA di media entità;
- Campagna di Alto Livello (bassa priorità): non ignora alcuna ricerca e intercetta dunque ciò che le precedenti hanno lasciato passare, ovvero ricerche specifiche di prodotto corredate di nome del prodotto e di marca, quindi rappresentative di un intento commerciale vicinissimo al suo culmine, dunque richiede CPC / CPA più alti.
Conclusione
Pensate all’impatto che ha questa strategia sui costi e sulla performance delle vostre campagne Google Shopping: mentre prima probabilmente registravate uno spreco di costi dedicando budget a keyword generiche non convertenti, ora sarete in grado di riattribuire quel budget su keyword più specifiche e dunque più inclini a intercettare il vostro potenziale cliente in un momento del percorso di acquisto più avanzato.
Perché in questa maniera abbiamo ottimizzato la campagna Google Shopping? Perché a parità di budget (quindi di spesa), adottando questa strategia abbiamo la possibilità di ottenere un numero maggiore di conversioni (vendite) e dunque di fatto il nostro ROI pubblicitario online cresce.
Siete pronti a lavorare seriamente su Google Shopping?
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